PERIODO: Dal 19 marzo al 9 aprile 2022
SEDE ESPOSITIVA: Villa Brentano – via Magenta, 25 Busto Garolfo (MI)
INAUGURAZIONE: Sabato 19 Marzo 2022 ore 18:00
L’uomo è da sempre attratto dall’ambiente che lo circonda, per poterlo riprodurre o interpretare in modo personale. La Natura è la prima musa ispiratrice dell’Arte. Anche se, in realtà, è la natura stessa ad essere un’opera grandiosa. Questa ispirazione è tanto radicata nell’uomo da durare ancora oggi, nonostante la nostra casa sia lontana dalla Natura. Osservando il mondo l’Uomo genera una forma di linguaggio universale, interculturale e senza limiti di applicazione, andando dalla pittura alla scultura, dal canto alle composizioni, dalla poesia ai racconti, fino alla fotografia e ancora oltre. È impossibile definire l’Arte perché si tratta di un concetto astratto naturalmente insito nella mente e negli occhi di chi guarda. Estremizzando si può dire che il concetto di arte è innato e, quindi, appartenendo a tutti può avere infinite interpretazioni. In questa collettiva abbiamo chiesto agli artisti di provare a sentire questo legame tra Arte e Natura usando l’una per avvicinarsi all’altra.
Elisa Lavazza, illustratrice e artista con sede a Milano. Le sue illustrazioni sono state pubblicate su riviste, giornali e libri per autorevoli case editrici, tra cui Feltrinelli, Quadratum, Fabbri, Condé Nast, Mondadori e Rizzoli. Nel corso della sua ventennale carriera Elisa ha realizzato innumerevoli storyboard per filmati pubblicitari, lavorando per importanti case pubblicitarie come J.W. Thompson, McCann, Grey, Publicis, Lowe Pirella, Lintas, Armando Testa, Ogilvy & Mather, Leo Burnett, Bcube. Le prime opere d’arte sono state create utilizzando proprio il collage di fotogrammi di storyboard disegnati a mano, originariamente realizzati per diverse campagne pubblicitarie. Da questo progetto sono nate le opere denominate “Take Bite Enjoy”: un mosaico di illustrazioni mescolate a famosi slogan pubblicitari e simboli pop posati su una base di silicone e ricoperti da una resina speciale. Con gli ultimi lavori invece, “Landscape”, l’abbandono del figurativo diventa un doloroso ma necessario passaggio per esplorare nuove frontiere e nuove bandiere, più spirituali, espandere il senso della ricerca ed avviare la sua arte ad una trasformazione profonda. Attraverso la materia e il colore, Elisa simula la natura e in particolare “l’acqua”, elemento indispensabile per la vita sul nostro pianeta. Un’arte visiva che nel proprio fare poetico vuole mostrare ciò che drammaticamente esiste a partire dalla rivoluzione industriale fino ai giorni nostri e definito dagli scienziati Antropocene. Come uno scatto satellitare della Terra lo sguardo indaga attraverso i colori, sui cambiamenti causati dall’uomo a danno dell’ambiente.
Al suo esordio ad AAF 2020, utilizza nei suoi lavori diversi materiali, oro, ferro, legno, acciaio… Alberto Venegoni, alchimista della materia, insegue da sempre miglioramento, perfezionamento e trasformazione. Unisce alla materia il mito del kalòs kai agatòs per spiritualizzare, attraverso il bello che porta al vero e conduce al buono, i doni offerti dalla madre terra. L’oculata scelta di forme naturali quali i tronchi, che in nuce racchiudono la linfa vitale, unione di terra e sole, gli permette di liberare l’arte presente in ogni seme naturale. Un processo di trasmutazione, metafora di un percorso evolutivo interiore, che trova nell’opera finita il punto di arrivo di una Via che si si ‘fa’ Ricerca Spirituale. Forme che ci parlano tra Terra e Cielo, maschile e femminile, tra sostanze preziose, come l’oro e, altre semplici come il legno le quali, insieme, si fondono nella grande opera della ricerca di un Risveglio. Una fusione artistica che ci parla e sussurra, comunicando che “tutto e tutti possono ricavare dal proprio piombo quell’oro per scoprire la bellezza che guarisce”.
Marina Comerio ha iniziato a studiare disegno e pittura in quanto bisognosa di dare un senso a tutto ciò che porta dentro di sé. Frequentando lo studio del pittore di Santo Nania per sette anni inizia a trovare il suo modo personale di esprimersi. Durante tutto questo periodo ha attraversato alcuni passaggi fisiologici di crescita artistica: partendo dalla pura descrizione della realtà, passando attraverso la ricerca di sentimenti e stati d’animo interiori e infine rappresentando la bellezza attraverso la forma e l’uso del colore. In poche parole, nell’arte si concede di seguire le proprie necessità così come farebbe un bambino o un essere primitivo nella speranza di lasciare una traccia del proprio passaggio su questa terra. La ricerca del vero io, l’andare oltre ciò che appare, oltre alle diversità senza lasciarsi intimorire e superare la paura di dover guardare sotto il primo strato di pelle, sono punti chiave che accompagnano il suo lavoro. Lo scopo è arrivare all’essenza attraverso il viaggio, l’esplorazione, la conoscenza e riuscire ad incontrarsi attraverso le opere, opere che diventano il mezzo per la scoperta di sé, degli altri e dell’ambiente che ci circonda.
Il lavoro di Gian Luigi Martelli si concentra sugli scarti, reperti, fossili di una natura mummificata e conglobata dai dettami della tecnica, e tale da apparirci sempre più spoglia, inerte ed estranea. Come se questo processo facesse parte di un passato sempre più prossimo, fino ad arrivare sulla soglia del nostro futuro. L’albero-simbolo viene trattato da Martelli, scrive Marc Le Cannu, “con la stessa deferenza con la quale, nell’antico Egitto, si procedeva all’imbalsamatura dei defunti”. Il simbolo assume di fatto una funzione descrittiva del rapporto sempre più alienante tra tecnologia e mondo naturale, al punto di prefigurare, come alcuni sostengono, il farsi di una coscienza tecnologica. Viene difficile inserire il lavoro di Martelli in una qualche corrente artistica. Esistono certamente “suggestioni e vicinanze” ma ciò che più colpisce è la sua capacità di unire insieme, meglio ancora conciliare, fantasia e razionalità, e proporci un forte impatto emotivo. Ancor che costruire un nesso tra realtà e finzione che è proprio della funzione di fare arte.
Nato a Crema nel 1959, dove vive e lavora, dopo gli studi presso il Liceo Artistico di Bergamo, Francesco Manlio Lodigiani inizia il suo percorso nell’ambito delle Vetrate istoriate, sotto l’insegnamento del Maestro P. F. Taragni. Da qui la sua ormai trentennale carriera nel settore dell’Arte Sacra come pittore, progettista di arredo sacro, spazi di culto e soprattutto vetrate con opere documentate in Italia e in Europa. Importantissimi sono gli interventi artistici eseguiti nella Parrocchia della Sacra Famiglia in Jasi e nel Convento Santa Maria degli Angeli in Roman (entrambi in Romania), mentre in Italia in Chiese a Saluzzo, Città di Castello, Fornacette, Cecina, Putignano di Pisa, Stagno di Livorno, Roma e tantissime altre. Parallela è la sua ricerca pittorica che affronta con forza tanto “brut” quanto delicata ed affascinante, sia con tecniche tradizionali che alternative come la Pittura con Grisailles e smalti su Vetrofusioni da egli stesso progettate ed eseguite. In questa, Lodigiani trasporta tutta la tensione che percepiamo nel mondo odierno, che poco spazio lascia all’ottimismo, pur chiedendo aiuto sempre alla Bellezza che “FORSE salverà il mondo”. Numerosi gli interventi quali installazioni ed opere murali in spazi pubblici e privati.
Luca Medici, nato a Meldola il 08 febbraio del 1972. Laureato in Ingegneria Edile di Bologna, nel 2013 consegue la seconda laurea in Scienze dell’Architettura (cum laude) presso lo stesso Ateneo. Nel 2015 va a Londra dove gli viene offerto, dalla Hampstead School of Art, la possibilità di partecipare, grazie ad una borsa di studio, al “Foudation Course” per l’anno 2016/2017. Frequenta i corsi di disegno dal vivo, scultura, pittura. Di ritorno in Italia inizia la sua ricerca pittorica attraverso uno studio sia dei movimenti artistici principali del XX secolo sia attraverso un approfondimento di matrice filosofica di aspetti legati alla conoscenza della struttura psichica umana e ai suoi correlati patologici. Ne risulta una ricerca artistica totalmente lontana dagli accademismi, dalle ricerche formali ed espressive tout court, improntata alla ricerca di verità umane intime e profonde fortemente connesse con l’anima e la sua fenomenologia.
Il progetto “Dislocations” prende spunto dalla definizione geologica dell’effetto di “dislocazione: la deformazione meccanica che subiscono le rocce per effetto di forze naturali, con direzione verticale (faglia) od orizzontale (pieghe)”. Le opere qui esposte, sublimano il senso di tensione che la natura mette, continuamente, in gioco nei confronti dell’esistenza umana definendo, iconograficamente ed estaticamente, un loop temporale (che rappresenta l’inevitabile mercé delle cose rispetto alle forze della natura). Il continuo divenire del cambiamento genera tensioni a volte insostenibili, sia nella carne che nello spirito producendo lacerazioni, strappi, ed eruzioni sia materiche che emotive. Medici con la sua opera evidenzia che Vita, morte e natura sono elementi fortemente interconnessi nell’esistenza umana.
La ricerca pittorico-plastica di Chiara Ricardi vuole unire alla matericità dell’informale la ricchezza narrativa dei segni, dei simboli, dei riferimenti al mito e talvolta di una figurazione evocata o soltanto suggerita. Un’esigenza espressiva e costruttiva guida lo studio delle armonie e dei contrasti tra ritmi, colori e forme e determina l’interesse per i materiali: le terre, gli smalti, i metalli, le sabbie, le diverse superfici, la diversa fisicità, sul piano e nello spazio. Partecipa a mostre collettive organizzate da gallerie d’arte in ambito privato ed in occasione di fiere nazionali ed internazionali, tra cui a Milano Miart, partecipando alle installazioni collettive camera 312-promemoria per Pierre e Ombre del Silenzio, a cura di Ruggero Maggi. Nel 2005 prende parte alla collettiva Soglie di un orizzonte presso il Civico Museo Bodini di Gemonio, che acquisisce una sua scultura. È presente nel 2007 agli Eventi Collaterali della 52˚ Biennale di Venezia con la partecipazione all’installazione collettiva camera 312-promemoria per Pierre, a cura di Ruggero Maggi. Nel 2015 è finalista al 59° Premio Faenza, presso il Museo Internazionale delle Ceramiche, con l’opera Naturalis Historia, donata nel 2016 al Civico Museo Parisi di Maccagno, in occasione della sua mostra personale. Nel 2017 vince il primo premio al concorso coffeebreak.museum presso il Museo Gianetti di Saronno. Nel 2018 è presente ad Artika con l’installazione Cabinet of Curiosities presso Ca’ dei Carraresi a Treviso. L’installazione “Cabinet of Curiosities” è una Wunderkammer di dimensioni ed elementi variabili, costituita da piccole sculture biomorfe di porcellana custodite all’interno di campane di vetro. Le porcellane evocano immaginari organismi marini, simili ai radiolari e alle diatomee, ai quali rimandano non solo per forma e struttura geometrica (simmetria radiale), ma anche per il materiale da cui sono costituite (silice). Le sculture sono suddivise nelle differenti specie fantastiche e, come accade in natura, ogni specie è rappresentata da diversi esemplari, con caratteristiche comuni ma con alcuni elementi di variabilità: colore, proprietà della superficie (levigatezza, porosità, lucentezza, scabrosità), presenza o assenza di aculei e fenditure secondari. La classificazione immaginaria utilizzata per catalogare le differenti specie fantastiche risponde ai criteri della nomenclatura binomia introdotta da Linneo nel 1735 e si serve dunque di etimi greci e latini per individuare genere e specie. I nomi pertanto hanno un significato riconducibile all’etimo scelto, ma sono pure invenzioni, come gli organismi a cui si riferiscono.
Alice Voglino, nata nel 1995, vive e lavora a Verona. Ha conseguito il diploma accademico di I livello alla Scuola di Pittura dell’Accademia di Belle Arti di Verona con una tesi sull’energia e emozione del colore. Si è avvicinata al colore da piccola e presto è diventato il suo modo per comunicare se stessa, le sue emozioni ed il suo sentire. Incuriosita da come le persone percepiscono se stesse e il mondo, che per Alice sono un insieme di energia e di materia, con i suoi lavori intende portare armonia alle persone, utilizzando il colore come elemento di attrazione per condurle ad osservare e ad ascoltarsi quasi come in un momento meditativo. Ha iniziato ad esporre i suoi lavori a 18 anni ad Innsbruck (Austria) e da allora in differenti città in Italia. Ha collaborato con alcune aziende: la Fondazione Masi di Verona ha scelto un suo quadro da cui è stato realizzato un tessuto arredo da La fabbrica lenta di Bonotto S.p.A. (2014); Nico Lazaridi Winery, azienda vitivinicola greca, ha acquistato due suoi lavori per riprodurli su altrettante etichette di vino (2017); è stata invitata da Confcommercio Terziario Donna Verona ad esporre all’evento di arte contemporanea Exhibition 1.0 organizzato per il Premio nazionale Terziario Donna (2018); le sue opere sono presenti nell’azienda Tita Italian Wine nella sede di Miami – USA (2020). Nel 2019 ha inaugurato il suo studio atelier a Verona. Le ultime ricerche di Alice si focalizzano sui temi della libertà e diversità, dove la libertà è essere se stessi nel rispetto della diversità di quanto ci circonda. Il colore è parte di lei e sin da piccola diventa il suo linguaggio e mezzo espressivo che le consente di raccontarsi con le proprie emozioni e portarla in contatto con la sua parte più profonda, in un percorso di conoscenza.
L’esposizione sarà visitabile fino al prossimo 9 aprile 2022 con i consueti orari di apertura: da Martedì a Sabato ore 14:30 – 18:00 presso Villa Brentano (1°piano), in via Magenta 25 a Busto Garolfo (MI). L’ingresso alla mostra è consentito solamente con Super Green Pass in corso di validità.
INDEPENDENT ARTISTS – VILLA BRENTANO
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